Roma, 17 mar – Tempi duri per la lingua italiana . Sembrava che il peggio fosse passato: dalle boldrinate fino a “petaloso”, passando per asterischi stile Bonino e neologismi alla “Ferragnez”, la misura risultava più che colma. E invece la guerra alle parole pare riaccendersi con “l’anti sessismo linguistico” promosso dalla Regione Toscana : propria la terra del Sommo Poeta, sta “combattendo il patriarcato” a suon di “nomi collettivi o promiscui”. E da un’ossessione (il maschilismo presunto) all’altra (la fascismo fobia), il passo è davvero breve. A proposito di lingua e Ventennio, dato che “il fascismo ha fatto anche cose buone” , si riavvolge il nastro del tempo per tornare ad un’Italia che non faceva guerra alla propria cultura e storia ma che, piuttosto, curava parole e linguaggio con devota attenzione. Sono molte le innovazioni linguistiche apportate dal fascismo. Tant’è che a partire dal luglio del 1923 si entrò in una sorta di “autarchia linguistica” volta alla s
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