Roma, 17 mar – Tempi duri per la lingua italiana. Sembrava che il peggio fosse passato: dalle boldrinate fino a “petaloso”, passando per asterischi stile Bonino e neologismi alla “Ferragnez”, la misura risultava più che colma. E invece la guerra alle parole pare riaccendersi con “l’anti sessismo linguistico” promosso dalla Regione Toscana: propria la terra del Sommo Poeta, sta “combattendo il patriarcato” a suon di “nomi collettivi o promiscui”. E da un’ossessione (il maschilismo presunto) all’altra (la fascismo fobia), il passo è davvero breve.
A proposito di lingua e Ventennio, dato che “il fascismo ha fatto anche cose buone”, si riavvolge il nastro del tempo per tornare ad un’Italia che non faceva guerra alla propria cultura e storia ma che, piuttosto, curava parole e linguaggio con devota attenzione.
Sono molte le innovazioni linguistiche apportate dal fascismo. Tant’è che a partire dal luglio del 1923 si entrò in una sorta di “autarchia linguistica” volta alla salvaguardia del patrimonio culturale e lessicale italiano. Vennero bandite le parole straniere: ad essere abrogate e conseguentemente italianizzate, furono circa 500. Dal mondo della cucina (dove dominavano parole francesi quali “brioche” divenuto poi “cornetto” o “carrè” sostituito da “lombata”) a quello dello sport (dove “football” divenne “calcio” e basket “pallacanestro”), la rivoluzione linguistica fu radicale e supportata da personaggi del calibro di Gabriele D’Annunzio, Giovanni Gentile ed altri ancora.
Per di più, le “parole nuove” vedevano la trasposizione in italiano di vocaboli prevalentemente francesi, inglesi e tedeschi: “krapfen” si trasformò in “bombolone”, “menu” divenne “lista”, “dessert” si tramutò in “peralzarsi” e da “bar” si passò a “quisibeve”. “Pranzoalsole” prese il posto di “picnic”, “bordeaux” divenne il “color barolo” e “acquavite” soppiantò il “brandy”.
Lista interminabile anche nell’ambito sportivo, specie calcistico: si passò infatti dall’acronimo F.I.F. (Federazione Italiana Football) all’attuale F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio). “Match” divenne “partita”, “off side” invece “fuorigioco” e l’esclamazione “Hands!” venne soppiantata da “fallo di mano”. Nel 1930, inoltre, le squadre da “Football club” passarono ad “Associazione calcio”. L’ultimo a sottoporsi alla suddetta modifica fu il Milan: nel 1938 da “Milan F.C.” passò a “Milano Associazione calcio” per poi diventare “A.C. Milan” a partire però dal 1945. E le parole coniate ad hoc dal regime fascista? Tra gli innumerevoli esempi possibili, eccone 10 tra le più popolari.
1) Autista: abolito il termine francese “chaffeur”, entrò in uso la “nuova parola” italiana mai usata prima.
2) Bevanda arlecchina: termine coniato ad hoc per indicare i più disparati cocktail.
3) Arzente: una delle parole inventate dal Vate, Arzente venne proposto per indicare “liquore dalla alta gradazione alcolica”. È probabile che la parola abbia dato origine all’aggettivo “arzillo”.
4) Tramezzino: dapprima “traidue”, sempre di dannunziana memoria, servì a sbarazzarsi dell’esterofilo “sandwich”.
5) Rinfresco: altrimenti “tavola calda”, soppiantò il francese “buffet”.
6) Albergo: sempre coniato nel Ventennio, sostituì prevedibilmente la parola “hotel”.
7) Pellicola: anche nella versione “filme/filmo”, la parola cominciò ad indicare la pellicola cinematografica.
8) Primato: termine ideato per indicare un qualsiasi “record”.
9) Embargo: nuovo modo per riferirsi a divieto o fermo.
10) Tuttochesivede: una parola inventata “di sana pianta” per indicare il panorama.
Numerosissimi i nuovi termini entrati poi nel gergo calcistico: da “autorete” a “scarto/scavalco”, fino ad “allenatore”, si devono al fascismo parole imprescindibili ed insostituibili. Fra le espressioni ideate nel Ventennio, si ricordano “Eja eja alalà” di D’Annunzio e il modo di dire “essere una mezza cartuccia”, fra i preferiti del Duce per indicare con scherno un nemico. Anche stavolta non c’è damnatio memoriae che tenga: il patrimonio (anche linguistico) ereditato, rivive persino nel gergo quotidiano dei “fascismo fobici”. Ennesimo loro “autogol”: anzi “autorete”.
Chiara Soldani
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