http://www.ilsecoloxix.it/p/levante/2018/09/23/ADA5E0oB-servono_italiano_inglesi.shtml
Santa Margherita Ligure - La bellezza della lingua italiana. L’uso sempre più massiccio di termini inglesi. E la televisione che potrebbe avere un ruolo chiave, se solo lo volesse, per migliorare l’italiano scritto e parlato, di tutti e, in particolare, di chi è venuto in Italia arrivando da altri parti del mondo.
Gian Luigi Beccaria, tra i più noti linguisti italiani e accademico
della Crusca, è stata la stella della seconda giornata – ieri allo
Spazio Aperto di via dell’Arco – del Festival della punteggiatura.
Virgole e punti, al tempo dei social e della contemporaneità: per Beccaria c’è un segno in crisi.
«È il punto e virgola, non lo usa quasi più nessuno. Non andrà a scomparire comunque».
Due anni fa aveva fatto notizia il caso di “petaloso”, inventato dal piccolo Matteo in un tema alle scuole elementari Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara, con la sua maestra che aveva scritto all’Accademia della Crusca. Ora che nuove parole stanno entrando nel nostro vocabolario?
«Petaloso è stata una cosa estemporanea, che ha creato scalpore. Non è una di quelle parole che si stabilizzerà – risponde Beccaria - Adesso si stanno susseguendo soprattutto parole inglesi. Dico anche purtroppo, perché non sono sempre necessarie. Abbiamo la nostra lingua, che è grande. Abbiamo tali e tanti sostituti che potremmo davvero farne a meno. Sono parole internazionali e si adottano in questo mondo globalizzato».
Tante parole arrivano ogni giorno dal linguaggio della politica: «La politica ne immette ogni giorno diverse, è vero. Bisogna stare attenti però: tante non sono affatto nuove. La lingua fa un percorso carsico: parole che sono già state usate con un altro significato si “imbucano” e poi sono recuperate con significati attuali, diversi». E se tornasse un programma in tv, sulla lingua italiana, un po’ come in passato con “Parola mia”? «Ci sarebbe assoluto bisogno di un programma, anche per insegnare la nostra lingua a chi non è italiano e arriva in questo Paese: bisogna sapere la lingua del luogo in cui si vive, non si può andare avanti parlando la lingua d’origine o l’inglese. La tv, che avrebbe un potere particolare, non lo mette però in atto – risponde Beccaria - Diversamente in radio ci sono programmi molto interessanti sulla lingua. Ne cito uno, “La lingua batte”, molto bello e altrettanto seguito».
«Troppe parole inglesi non servono: l’italiano è una grande lingua»
Silvia Pedemonte
Beccaria: «La tv deve insegnare l’italiano a chi arriva nel nostro Paese»
Il noto linguista è intervenuto alla seconda giornata del Festival
della Punteggiatura di Santa Margherita Ligure. «La radio per la nostra
lingua fa di più».
Virgole e punti, al tempo dei social e della contemporaneità: per Beccaria c’è un segno in crisi.
«È il punto e virgola, non lo usa quasi più nessuno. Non andrà a scomparire comunque».
Due anni fa aveva fatto notizia il caso di “petaloso”, inventato dal piccolo Matteo in un tema alle scuole elementari Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara, con la sua maestra che aveva scritto all’Accademia della Crusca. Ora che nuove parole stanno entrando nel nostro vocabolario?
«Petaloso è stata una cosa estemporanea, che ha creato scalpore. Non è una di quelle parole che si stabilizzerà – risponde Beccaria - Adesso si stanno susseguendo soprattutto parole inglesi. Dico anche purtroppo, perché non sono sempre necessarie. Abbiamo la nostra lingua, che è grande. Abbiamo tali e tanti sostituti che potremmo davvero farne a meno. Sono parole internazionali e si adottano in questo mondo globalizzato».
Tante parole arrivano ogni giorno dal linguaggio della politica: «La politica ne immette ogni giorno diverse, è vero. Bisogna stare attenti però: tante non sono affatto nuove. La lingua fa un percorso carsico: parole che sono già state usate con un altro significato si “imbucano” e poi sono recuperate con significati attuali, diversi». E se tornasse un programma in tv, sulla lingua italiana, un po’ come in passato con “Parola mia”? «Ci sarebbe assoluto bisogno di un programma, anche per insegnare la nostra lingua a chi non è italiano e arriva in questo Paese: bisogna sapere la lingua del luogo in cui si vive, non si può andare avanti parlando la lingua d’origine o l’inglese. La tv, che avrebbe un potere particolare, non lo mette però in atto – risponde Beccaria - Diversamente in radio ci sono programmi molto interessanti sulla lingua. Ne cito uno, “La lingua batte”, molto bello e altrettanto seguito».
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